Мова Данте, Петрарки, Бокаччо. 


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Мова Данте, Петрарки, Бокаччо.



La lingua di Dante, Petrarka, Boccaccio.

Nel trecento il fiorentino si affermò come lingua italiana e a ciò contribuì soprattutto Dante Alighieri, non solo per le sue teorie nel " De Vulgari Eloquentia ", ma soprattutto per il successo della sua " Divina Commedia ".
Dante quindi può essere considerato il padre della lingua italiana. Nel " De vulgari Eloquentia " dimostra che nessun dialetto può assurgere a lingua nazionale, ma gli pare che tale lingua debba rinvenirsi in un linguaggio a cui partecipino tutte le parlate italiane e che non risieda, però, in nessuna di esse. Un linguaggio che non sia, come erroneamente si potrebbe pensare, il fior fiore delle diverse parlate ma una lingua diversa qualitativamente da ciascuna di esse e costruita dai letterati stessi.
Insomma il linguaggio letterario deve essere un linguaggio unitario elaborato dagli scrittori, che traggano dai diversi dialetti gli elementi per costruirlo. Il rapporto tra i dialetti e la lingua d'arte è, dunque, posto da Dante aristotelicamente, come tra materia e forma. Dai 14 dialetti italiani si ottiene la lingua letteraria, estrapolando il meglio: essa deve essere illustre, cardinale, aulica ecuriale. Illustre nel senso che deve dare lustro a chi la scrive. Cardinale, come il cardine attorno a cui ruotano tutti i dialetti. Curiale e aulica in quanto adatta alla reggia e alla corte del re.
Secondo Dante, per uno stile sublime ed elevato bisogna usare la lingua dei poeti siciliani che s'è andata perfezionando nel Dolce Stil Novo. Con ciò di fatto consacra la preminenza della lingua fiorentina.
Prima della Commedia v'era stata la preminenza del latino, l'uso sporadico del francese e del provenzale e il tentativo dei dialetti di elevarsi al disopra della rozzezza del parlato. Con la Commedia nasce un'opera superba, di elevato pregio artistico, che onora il fiorentino e la lingua italiana.
E' interessante notare come Dante, nonostante quanto affermato nel De vulgari, nella Commedia usi felicemente anche termini plebei precedentemente bocciati.
Anche due altri grandissimi fiorentini del Trecento hanno avuto enorme influenza sulla nostra lingua: Petrarca e Boccaccio. Essi verso la fine del 500 furono indicati dal Bembo come modelli rispettivamente per la poesia e per la prosa. Petrarca nei suoi " Canzoniere " e " Trionfi " usò pochissimi neologismi, fece soprattutto un'opera di decantazione e usò molti latinismi. Il Boccaccio invece nel " Decamerone " fece notevole uso della lingua parlata usando un fiorentino volgare che ben rappresentava la società composita del medioevo.

16. Поширення флорентійського діалекту. Вплив флорентійського діалекту на розвиток італійської мови.
L'italiano è una lingua romanza basata sul fiorentino letterario usato nel Trecento.
Nella storia e nella formazione di molte lingue è successo che uno dei dialetti di un certo spazio linguistico è diventato lingua standard. Il dialetto poi comincia ad acquistare prestigio, estende le sue funzioni fino a diventare una lingua pienamente elaborata ed essere promosso come il modello linguistico accettato dalla società. È questo proprio il caso dell’italiano: il toscano fiorentino trecentesco, base dello standard, codificato come lingua-modello nel Cinquecento e diventato in seguito lingua nazionale, era dapprima uno dei tanti volgari parlati in Italia dopo l’anno Mille. Nel Quattrocento Firenze raggiunse la supremazia economica e culturale, il fiorentino assunse poi nell’età dell’Umanesimo e del Rinascimento il ruolo della lingua letteraria di prestigio, presentandosi come l’alternativa della precendente egemonia della lingua latina. Il processo venne confermato nella prima metà del Cinquecento con la fioritura di grammatiche del volgare, che diffusero il modello fiorentino come lingua letteraria in tutta Italia.
Dante, Boccaccio e Petrarca sono stati i grandi autori che hanno contribuito alla diffusione del fiorentino del trecento. E grazie a questi tre autori il dialetto fiorentino è diffuso in tutta l’Italia, ma non solo, questo dialetto è molto consciuto e parlato anche in Francia.

 

17. Nel 1268, Andrea da Grosseto traduce dal latino i Trattati morali di Albertano da Brescia, fornendo un primitivo esempio di prosa letteraria in italiano: il volgare utilizzato dal grossetano è una lingua simile al dialetto toscano da cui egli cerca di eliminare alcune carattereristiche tipicamente locali, un idioma artificiale inventato con l'ambizione di poter essere compreso in tutta la penisola tant'è che il letterato lo definisce italico.
Nel primo Quattrocento si assiste però ad una crisi del volgare, a causa di un giudizio negativo da parte dell'élite intellettuale sulle qualità retorico-stilistiche di questa lingua; contemporaneamente si nota un rinascere dell'interesse per i classici, che ben pochi erano ancora in grado di comprendere agevolmente. Anche i laici si dedicano alla ricerca ed allo studio dei grandi autori latini e a poco a poco emergono dalle biblioteche testi da tempo dimenticati. Mentre a Firenze non è possibile evitare un confronto con la grande tradizione trecentesca in volgare, gli umanisti non fiorentini sono accomunati da un atteggiamento di svalutazione o disprezzo nei confronti di questa lingua.

18. Поширення італыйської мови у повсякденному вжитку

Diffusione dell'italiano nell'uso quotidiano

L'italiano è rimasto per lungo tempo soprattutto la lingua scritta della parte più istruita della popolazione italiana che aveva "normalizzato" o "normato" il volgare con l'uso soprattutto letterario e ufficiale, mentre per l'uso quotidiano erano largamente usate solo lingue regionali.

Nelle ricostruzioni dei linguisti, fino alla seconda metà dell'Ottocento solo fasce molto ridotte della popolazione italiana erano in grado di esprimersi in italiano. Nel 1861, secondo la stima di Tullio De Mauro[16], era in grado di parlare in italiano solo il 2,5% della popolazione italiana. Secondo la stima di Arrigo Castellani alla stessa data la percentuale era invece del 10%.

In seguito, fattori storici quali l'unificazione politica, la mobilitazione e il mescolamento degli uomini nelle truppe durante la prima guerra mondiale, la diffusione delle trasmissioni radiofoniche hanno contribuito a una diffusione graduale dell'italiano. Nella seconda metà del Novecento in particolare, la diffusione della lingua è stata accelerata anche grazie al contributo della televisione e alle migrazioni interne in senso sud nord.

19. La Vulgata (IPA: [vul'gaːta]) o Volgata è una traduzione in latino della Bibbia dall'antica versione greca ed ebraica, realizzata alla fine delIV secolo da Sofronio Eusebio Girolamo. Il nome è dovuto alla dicitura latina vulgata editio, cioè "edizione per il popolo", che richiama sia l'ampia diffusione che ottenne (in precedenza con Vulgata si indicava la traduzione della versione dei Settanta, che ebbe anch'essa notevole diffusione), sia lo stile non eccessivamente raffinato e retorico, più alla portata del popolo (volgo).

Dalla proclamazione di ufficialità durante il Concilio di Trento (1545-1563) fino al Concilio Vaticano II (1962-1965), quando fu ulteriormente revisionata, la Vulgata ha rappresentato la traduzione canonica della Bibbia per l'intera Chiesa cattolica. Attualmente particolarmente conosciuta e affermata è l'edizione critica della Vulgata realizzata dalla Deutsche Bibelgesellschaft di Stuttgart (Società Biblica tedesca di Stoccarda), parimenti nota per la realizzazione della BHS (Biblia Hebraica Stuttgartensia) e di una edizione critica della Bibbia Settanta. L'edizione, pubblicata nel 1994 e curata da Roger Gryson e Robert Weber, è titolata Biblia Sacra Vulgata (ISBN 3-438-05303-9); nel 2006 è giunta alla quinta edizione.

Il testo base è quello dell'edizione benedettina del 1907, commissionata da Pio X (riferimento anche della Nova Vulgata), integrato per il Nuovo Testamento dall'edizione diOxford del 1889, curata da J. Wordsworth e H. J. White.

In quanto testo critico, la Vulgata Stuttgartensia tenta di riproporre il testo primitivo di Girolamo attraverso il confronto dei vari manoscritti pervenutici, primariamente il Codex Amiatinus, purgandolo degli inevitabili errori e glosse amanuensi.

 



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