Система вокалізму.Дифтонги.Трифтонги. 


Мы поможем в написании ваших работ!



ЗНАЕТЕ ЛИ ВЫ?

Система вокалізму.Дифтонги.Трифтонги.



Il sistema vocalico della lingua italiana standard comprende sette fonemi /a, ɛ, e, i, ɔ, o, u/. Questi sette fonemi vocalici si trovano in sillaba accentata, mentre in sillaba non accentata si riducono a cinque /a, e, i, o, u/ (in atonia, l'opposizione di apertura vocalica è neutralizzata nelle vocali medie)

Nelle parole lieto, scuola, abbia, premiato, tuoi, i gruppi vocalici ie, uo, ia, uoi si pronunciano con una sola emissione di fiato. Un gruppo di due vocali che si pronuncia con una sola emissione di voce si chiama dittongo; un gruppo di tre vocali che si pronuncia con una sola emissione di voce si chiama trittongo.
Le vocali di un dittongo o di un trittongo appartengono tutte alla stessa sillaba, sono cioè inseparabili: lie-to, scuo-la, ab-bia, pre-mia-to, tuoi. Il dittongo deriva dall'incontro di vocali deboli (i, u) con vocali forti (a, e, o).
Esempi di parole che contengono un dittongo:
ia, ie, io, iu --» piatto, fieno, fiore, fiume, chiodo, coppia, fiato, piano, chiave.
ua, ue, ui, uo --» guasto, guerra, guida, fuori, tuoni, nuovo, guanti.
ai, au --» dirai, causa. ei, eu --» nei, neutro, reumatismi. oi --» voi, poiché.
Esempi di parole che contengono un trittongo:
aio --» paio iai --» premiai, scambiai, mangiai, arrabbiai, ampliai. iei --» miei iuo --» paiuolo, aiuola, giuoco uai --» guai, attuai, mutuai uia --» seguiamo, continuiamo, reliquia uie --» quiete, acquietare uio --» colloquio, uoi --» tuoi, suoi, buoi, puoi, vuoi,

Nei gruppi qua (que, qui, quo), gua (gue, gui, guo), cia (cie, cio, ciu), gia (gie, gio, giu), scia (scie, scio, sciu), glia (glie, glio, gliu) la u ed la i non danno luogo a dittongo, perché in questi gruppi esse sono dei puri segni grafici che servono a dare a q, g, c, sc, gl suoni particolari che non avrebbero: la i di mancia, per esempio, serve a dare a c un suono palatale diverso dalla c di manca: se non ci fosse la u, la parola questo si pronuncerebbe kesto ecc.

9.Система консонантизму. Консонантизм — система приголосних фонем певної мови. На відміну від вокальних фонем при творенні приголосних окремі органи мовлення наближаються одні до одних. Це спричинює виникнення перешкод, породжує шум.

In fonetica articolatoria, una consonante è un fono che ha come realizzazione prevalente un contoide. La parola «consonante» proviene dal latino consonans (sottinteso littera, «lettera»), che significa letteralmente "suona con" o "suona insieme".

 

Modo di articolazione:

Dal punto di vista del modo di articolazione si distinguono diverse categorie di consonanti:

· occlusive (anche "esplosive" o "momentanee")

· continue, a loro volta divise in:

· fricative (o anche "spiranti")

· liquide (tra queste, ve ne sono laterali, vibranti)

· nasali

· affricate (o anche "semi-occlusive)"

· approssimanti

Luogo di articolazione

Dal punto di vista del luogo di articolazione si distinguono principalmente:

· bilabiali

· labiodentali

· dentali

· alveolari e postalveolari

· palatali

· velari

· retroflesse o cacuminali

 

· uvulari

· faringali

· glottidali

 

Sonorità

Una terza importante distinzione è inoltre quella tra consonanti sonore e sorde, a seconda che le corde vocali si attivino (vibrino) o meno al passaggio dell'aria, influenzando l'entità della risonanza.

Quindi per ogni modo (principalmente occlusivo, fricativo e affricato) e luogo di articolazione ci sarà una consonante sorda e una consonante sonora: per esempio, si ha una consonante occlusiva bilabiale sorda [p] e sonora [b], una fricativa palatale sorda [ç] e sonora [ʝ], una affricata alveolare sorda [t͡s] e sonora [d͡z]. Per i modi di articolazione nasale, vibrante, approssimante e laterale si può parlare meglio di desonorizzazione data la principale natura sonora di queste consonanti, fenomeno che si segnala con il simbolo [ ̥ ].

10. L'ortografia della lingua italiana è l'insieme delle convenzioni che governano la scrittura della lingua italiana per quanto riguarda i grafemi (le lettere con cui si scrivono le parole) e isegni paragrafematici (accenti grafici, apostrofi, uso della maiuscola e divisione delle parole). L'ortografia italiana prosegue molte scelte del sistema di scrittura volgare sviluppato a Firenze e in Toscana alla fine del Duecento e durante il Trecento. Questo è particolarmente evidente nella scelta delle lettere dell'alfabeto base e nella scelta dei digrammi. Per esempio, l'ortografia italiana continua la scelta del sistema fiorentino di evitare alcune lettere, come la ⟨k⟩ e la ⟨x⟩, ben vive nell'uso medievale e frequentemente impiegate, fino a oggi, nella scrittura di molti volgari prima e dialetti poi.

Il sistema attuale risale comunque, "nelle sue linee portanti, al Cinquecento e alle scelte che in quel secolo furono fatte dai grammatici, dai lessicografi, dai tipografi e in genere dai letterati"[3]. Particolarmente importante in questo periodo è stata la scelta di un'impostazione fonetica, molto diversa dall'impostazione etimologizzante che era stata di moda nel Quattrocento.

Nel corso del tempo, anche se l'assetto è rimasto stabile, alcune regole sono state modificate. Per esempio, l'uso di scrivere le preposizioni articolate come parole uniche si è affermato invece alla fine del Cinquecento (quando della ha cominciato a sostituire de la). A inizio Novecento era molto diffuso l'uso dell'accento grafico per distinguere alcune forme del verbo avere che oggi invece sono distinte con l'uso della h diacritica: la norma accettava quindi à, ànno al posto delle attuali ha e hanno. Altre modifiche sono ancora più recenti: per esempio, la grafia sopralluogo (al posto di sopraluogo) si è stabilizzata solo negli anni sessanta.

Pronuncia è il termine correntemente usato, anche dai non specialisti, per designare il modo di articolare i suoni di una lingua (si parla infatti di pronuncia della erre, di difetto di pronuncia, ecc.) e l’insieme delle caratteristiche fonetiche peculiari di una lingua (per es., pronuncia del tedesco, pronuncia meridionale, ecc.).

La nozione di pronuncia si definisce da un lato in opposizione a quella di scrittura (➔ alfabeto; ➔ grafia; ➔ ortografia), dall’altro a quella di rappresentazione fonologica (➔ fonologia): ma, rispetto alla scrittura, la pronuncia è meno stabile e più mutevole; rispetto alla fonologia di una lingua, ha carattere più variabile e per certi versi anche individuale, comunque meno codificato.

Designando genericamente il modo di parlare, la dizione, l’accento (si parla allora, ad es., di pronuncia chiara, trascurata, nasale), il concetto di pronuncia può racchiudere anche aspetti di tipo più schiettamente prosodico, denominati accento, cadenza, calata, cantilena. Si capisce pertanto come esso, pur essendo di dominio pubblico, non sia facilmente delimitabile in termini rigorosi.

Il sistema grafico dell’italiano è di tipo fonetico: rispetto a lingue come il francese e l’inglese, le differenze tra grafia e pronuncia sono piuttosto limitate (➔ lingue romanze e italiano). Si vedano le tabelle seguenti, che riportano i ➔ grafemi dell’italiano e la corrispondente realizzazione fonologica: sono pochi i fonemi omografi (tab. 1) e ugualmente pochi quelli eterografi, ovvero rappresentati con diversi grafemi o combinazioni di grafemi (tab. 2).

La ➔ grafia dell’italiano può essere fatta risalire, nei suoi aspetti principali, al Cinquecento: l’indirizzo fonetico impresso dai letterati «rappresentò, dopo la moda etimologizzante di stampo umanistico che si era imposta nel secolo precedente, una coraggiosa innovazione» (Maraschio 1993: 139). Tuttavia, fuori di Toscana, la pronuncia dell’italiano è diventata quasi ovunque una spelling pronunciation (Mioni 1982: 497; Berruto 1987: 97), ovvero una pronuncia basata essenzialmente sulla grafia (come, ad es., la pronuncia cami [ʧje] di camicie), con un ribaltamento per certi versi paradossale:

mentre [nel Cinquecento] sulla base del modello fonologico fiorentino è stato costruito un sistema grafico abbastanza coerente, oggi invece si tende a normalizzare sulla grafia una pronuncia nazionale ancora assai differenziata regionalmente (Maraschio 1993: 141)

Основні типи словотворення.

La derivazione in linguistica è il processo per cui una nuova parola si forma a partire da un'altra parola mediante un meccanismo di formazione che ne cambia il significato; il meccanismo di derivazione più comune è l'aggiunta di un affisso.

Una parola ottenuta per derivazione si definisce "derivata".

Meccanismi di derivazione

Affissazione

La derivazione per affissazione raggruppa diversi processi a seconda del tipo di affisso che viene aggiunto alla parola di base:

La prefissazione aggiunge l'affisso all'inizio della parola, cioè un prefisso (ad esempio "pregiudizio" da "giudizio"); in questo caso la categoria grammaticale della parola rimane la stessa (cioè da un sostantivo si crea un altro sostantivo, ecc).

La suffissazione aggiunge l'affisso alla fine della parola, cioè un suffisso, che può essere:

un suffisso nominale, che genera un nome (ad esempio "tristezza" da "triste");

un suffisso aggettivale, che genera un aggettivo (ad esempio "normale" da "norma");

un suffisso verbale, che genera un verbo (ad esempio "profetizzare" da "profeta");

un suffisso avverbiale, che genera un avverbio (ad esempio "perfettamente" da "perfetto");

anche in questo caso la categoria grammaticale può rimanere la stessa, ma può anche variare come abbiamo appena visto: si parla allora di transcategorizzazione.

L'infissazione aggiunge l'affisso in mezzo alla parola, cioè un infisso; in italiano questo meccanismo di derivazione è praticamente limitato all'ambito della nomenclatura chimica IUPAC: esistono due infissi derivazionali -pe- (significa "idrogenazione completa" e fa derivare ad esempio "pipecolina" da "picolina") e -et- (significa "etile" e fa derivare ad esempio "fenetidina" da "fenidina"), oppure in una parola come cant-icchi-are.

A volte la derivazione può avvenire per affissazione di un lemma o una parola proveniente da un'altra lingua, come ad esempio la parola italiana "scannerizzare" che deriva dalla parola inglese "scanner". Questo meccanismo è analogo al processo di prestito linguistico, per il quale il lemma straniero viene invece acquisito, spesso senza essere modificato come ad esempio sport.

Conversione

Nel caso in cui un lessema venga trascategorizzato (cioè finisca per appartenere ad una diversa categoria grammaticale rispetto a quella originaria) senza però cambiare la propria forma, si parla di " conversione " (o anche "derivazione zero" e "suffissazione zero").

Nel caso in cui l'affisso aggiunto alla parola coincida con la desinenza, alcuni linguisti parlano anche di "derivazione diretta" (rientrerebbe dunque in questo caso la derivazione registrare da registro)

La conversione è tipica delle lingue isolanti: in inglese, ad esempio, water è verbo ("innaffiare") o sostantivo ("acqua") a seconda del contesto. Minoritario è il ruolo della conversione nelle lingue fusive (come l'italiano).

Esempi di conversione in lingua italiana sono:

l'infinito di un verbo, a cui viene aggiungo l'articolo e che potrà anche essere messo al plurale (il mangiare, i poteri), o che potrà subire alterazione (esserino);

un aggettivo usato come sostantivo (metropolitana, cellulare, vecchio);

un participio presente usato come sostantivo (cantante, assistente);

un participio passato usato come sostantivo (coperto);

un gerundio (crescendo).

Allo stesso modo si può formare un nuovo aggettivo da un verbo:

al participio presente: sorridente da sorridere;

al participio passato: deciso da decidere.

Alcuni linguisti inoltre considerano meccanismi di derivazione anche le operazioni semantiche che cambiano il significato di una parola senza cambiarne la forma, come ad esempio la lessicalizzazione, definendole a volte derivazione nulla.

Parasintesi

Si parla di "derivati parasintetici" o "parasintesi" quando una parola viene generata applicando più affissi derivativi: ad esempio, in-scatola-mento deriva da scatola tramite l'aggiunta di un prefisso e di un suffisso. Questo processo può essere anche verbale o aggettivale: in ogni caso, la nuova forma è composta dalla parola base unita a un prefisso e a un suffisso, ma laddove non esista una parola derivata ottenuta applicando uno solamente dei due affissi, cioè la sequenza prefisso+base o base+suffisso: non esistono né *in-scatola né *scatola-mento.

Esempi di parasintesi verbale sono ingiallire da giallo e abbottonare da bottone; esempi di parasintesi aggettivale, invece, sono le parole svitato da vite, sfegatato da fegato. Si tratta di un processo molto produttivo: si può anzi dire che sia una delle forme più frequenti per la formazione di nuovi verbi.

Sebbene gli esempi che abbiamo dato siano tratti dall'italiano, il processo è molto produttivo anche nelle altre lingue romanze (ad esempio abbiamo il francese agrandir da grand, "ingrandire", o lo spagnolo alargar, cioè "allungare"), e se ne trovano numerosi esempi anche nelle lingue germaniche (per esempio in inglese enlighten da light, "illuminare", in olandese verarmen da arm, "impoverire", in tedesco bereichern da reich, "arricchire"). In generale, il fenomeno è particolarmente attivo nelle lingue indoeuropee.

Agglutinazione

Tutte le lingue usano i processi derivativi per arricchire il proprio lessico, ma un caso a parte sono le lingue agglutinanti che usano questo meccanismo come base della comunicazione linguistica: nelle lingue agglutinanti, infatti, le parole (o morfemi) sono inizialmente costituite dalla sola radice, a cui vengono aggiunti gli affissi per esprimere le diverse categorie grammaticali e aggiungere le informazioni relative a genere, numero, caso, oppure tempo, diatesi, persona, ecc.



Поделиться:


Последнее изменение этой страницы: 2016-07-14; просмотров: 197; Нарушение авторского права страницы; Мы поможем в написании вашей работы!

infopedia.su Все материалы представленные на сайте исключительно с целью ознакомления читателями и не преследуют коммерческих целей или нарушение авторских прав. Обратная связь - 3.144.243.184 (0.025 с.)