Informazioni di base sul diritto comunitario 


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Informazioni di base sul diritto comunitario



Il sistema generale di riconoscimento dei diplomi è destinato alle persone che, in possesso dei titoli necessari per l'esercizio di una professione in uno Stato membro, intendono esercitare la stessa professione in un altro Stato membro e devono ottenervi perciò il riconoscimento dei loro titoli, se si tratta di una professione regolamentata nello Stato ospitante. Viceversa, sé la professione non è regolamentata nello Stato ospitante, non è necessario chiedere il riconoscimento dei propri titoli; si può iniziare ad esercitarla alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato: stessi diritti e stessi obblighi. Il sistema generale si applica dunque alle professioni regolamentate: professioni il cui esercizio è subordinate al possesso di determinati titoli (come ad esempio le professioni di avvocato, perito contabile, insegnante, fisio­terapista...). Non si applica però a quelle professioni regolamen­tate che sono già contemplate da un altro sistema specifico di riconoscimento dei diplomi: medico, dentista, veterinario, infermiere, ostetrica, farmacista ed architetto, né alle attività artigiane, industriali o commerciali contemplate dalle direttive «transitorie». Il sistema generale riguarda le persone che hanno la cittadinanza di uno Stato membro, hanno tutti i titoli necessari all'esercizio di una determinata professione in uno Stato membro A e desiderano esercitarla in uno Stato membro B, dove tale professione è regolamentata senza essere coperta da un altro sistema di riconoscimento. Meccanismo di riconoscimento: il riconoscimento riguarda il diploma o il certificato o il titolo o l'insieme dei titoli che comprovano una formazione professionale completa, cioè permettono di esercitare la professione nel proprio Stato di provenienza. Di regola, il diploma, certificato o titolo, deve essere riconosciuto come tale. Ma il riconoscimento non è automatico: per ottenerlo occorre presentare una domanda all'autorità competente dello Stato ospitante, che dovrà esami­nare ogni singolo caso. L'autorità accerta: 1) che la professione regolamentata che si intende esercitare nello Stato membro ospitante sia la stessa per il cui esercizio la persona possiede tutti i titoli richiesti nello Stato di provenienza e 2) che la durata ed il contenuto della formazione non presentino differenze sostanziali con la durata ed il contenuto di quella richiesta nello Stato ospitante. Se si tratta della stessa professione e le formazioni sono sostanzialmente simili, l'autorità competente deve riconoscere i titoli presentati. Se invece la stessa autorità dimostra che esistono differenze sostanziali nelle professioni oppure nella durata o nel contenuto delle formazioni, allora può esigere una misura di compensazione. Misure di compensazione: se la durata delle formazioni differisce di almeno un anno, l'autorità competente può esigere che la persona possieda un' esperienza professionale (della durata variabile da 1 a 4 anni). In caso di differenze sostanziali tra le professioni o nel contenuto delle formazioni, l'autorità competente può imporre un tirocinio o un esame. In tutti i casi può imporre una sola misura di compensazione. Deve inoltre tener conto dell' esperienza professionale eventualmente acquisita nello Stato di provenienza o in qualsiasi altro Stato membro. Tale esperienza potrà semplificare la misura di compensazione prevista o evitarne Г applicazione.Casi particolari: 1) Se la professione per la quale è richiesto il riconoscimento dei titoli non è regolamentata nello Stato di provenienza, l'autorità competente potrà esigere il possesso di un'esperienza professionale di due anni. 2) Se il diploma è stato ottenuto in un paese non membro dell'Unione ed è già stato riconosciuto in uno Stato membro nel quale la professione è stata esercitata per 2 o 3 anni, a seconda dei casi, il diploma potrà essere riconosciuto nello Stato ospitante. Limiti: 1) L'autorità competente dispone di 4 mesi per esaminare la domanda e prendere una decisione: essa può riconoscere i titoli, subordinare il riconoscimento ad una misura di compensazione, respingere la domanda. 2) La decisione (di rigetto o di imporre una misura di compensazione) deve essere motivata e suscettibile di ricorso gìurisdizionale. 3) In mancanza di decisione nel termine di 4 mesi, è possibile promuovere un ricorso, secondo le procedure vigenti nello Stato ospitante, per mancato rispetto del termine (di 4 mesi) previsto, secondo il caso, dall'articolo 8 della direttiva 89/48 o dall'articolo 12 della direttiva 92/51. 4) Le istituzioni comunitarie non hanno il potere di annullare una decisione amministrativa présa da un' autorità nazionale. Soltanto le autorità nazionali competenti possono annullare una decisione di rigetto della domanda. Le sentenze della Corte di giustizia CE si limitano a dichiarare l'inadempienza di uno Stato membro a motivo della non corretta applicazione del diritto comunitario o dell'esistenza di una norma nazionale incompatibile con il diritto comunitario. Spetta alle autorità dello Stato interessato modificare le decisioni individuali adottate in base ad una prassi o ad una normativa condannata dalla Corte.

Adattato dai giornali

 

Unità 9

Luigi Pirandello

LA GIARA

Piena anche per gli olivi, quell'annata. Piante massaie, cariche l'anno avanti, avevano raffermato tutte, a dispetto della nebbia che le aveva oppresse sul fiorire.

Lo Zirafa, che ne aveva un bel giro nel suo podere delle Quote a Primosole, prevedendo che le cinque giare vecchie di coccio smaltato, che aveva in cantina, non sarebbero bastate a contener tutto l'olio della nuova raccolta, ne aveva ordinata a tempo una sesta più capace a Santo Stefano di Camastra, dove si fabbrica­vano; alta a petto d'uomo, bella panciuta e maestosa, che fosse delle altre cinque la badessa.

Neanche a dirlo, aveva litigato anche col fornaciaio di là per questa giara. E con chi non la attaccava don Lollò Zirafa? Per ogni nonnulla, anche per una pietruzza caduta dal murello di cinta, anche per una festuca di paglia, gridava che gli sellassero la mula per correre in città a fare gli atti. Così, a furia di carta bollata e d'onorari agli avvocati, citando questo, citando quello e pagando sempre le spese per tutti, s'era mezzo rovinato.

Dicevano che il suo consulente legale, stanco di Vederselo comparir davanti due o tre volte la settimana, per levarselo di torno, gli aveva regalato un libricino, come quelli da messa: il codice, perché si scapasse a cercar da sé il fondamento giuridico alle liti che voleva intentare.

Prima, tutti coloro con cui aveva da dire, per prenderlo in giro gli gridavano: — «Sellate la mula!» — Ora invece: - «consul­tate il calepino!»

E don Lollò rispondeva:

— Sicuro, e vi fulmino tutti figli d'un cane!

Quella giara nuova, pagata quattr'onze ballanti e sonanti, in attesa del posto da trovarle in cantina, fu allogata provvisoria-mente nel palmento. Una giara così non s'era mai veduta. Allogata in quell'antro intanfato di mosto e di quell'odore acre e crudo che cova ne'luoghi senz'aria e senza luce, faceva pena.

Da due giorni era cominciata l'abbacchiatura delle olive, e don Lollò era su tutte le furie perché tra gli abbacchiatori e i mulattieri venuti con le mule cariche di concime da depositare a mucchi su la costa per la favata della nuova stagione non sapeva più come spartirsi, a chi badare prima. E bestemmiava come un turco, e minacciava di fulminare questi e quelli, se un'oliva, che fosse

un'oliva, gli fosse mancata, quasi le avesse prima contate tutte a una a una sugli alberi; о se non fosse ogni mucchio di concime della stessa misura degli altri. Col cappellaccio bianco, in maniche di camicia, spettorata, affocato in volto e tutto sgocciolante di sudore, correva di qua e di là, girando gli occhi lupigni e stropicciandosi con rabbia le guancie rase, su cui la barba prepotente rispuntava quasi sotto la raschiatura del rasoio.

Ora, alla fine della terza giornata, tre dei contadini che avevano abbachiato, entrando nel palmento per deporvi le scale e le canne, restarono come tre ceppi alla vista della giara nuova, spaccata in due, come se qualcuno, con un taglio netto, prendendo tutta Г ampiezza della pancia, ne avesse staccato tutto il lembo davanti.

— Guardate! guardate!

— Chi sarà stato?!

- Oh, mamma mia! E chi lo sente ora don Lollò? La giara nuova, peccato!

Il primo, più spaurito di tutti, propose di raccostar subito la porta e andar via zitti zitti, lasciando fuori, appoggiate al muro, le scale e le canne. Ma il secondo:

— Siete pazzi? Con don Lollò? Sarebbe capace di credere che gliel'abbiamo rotta noi. Fermo qua tutti! Uscì davanti al palmento e, facendosi portavoce delle mani, chiamò:

— Don Lollò! Ah, don Lollòoo!

Eccolo là sotto la costa con gli scaricatori del concime: gesticolava al solito furiosamente, dandosi di tratto con ambo le mani una rincalcata al cappellaccio bianco. Arrivava talvolta, a forza di quelle rincalcate, a non poterselo più strappare dalla nuca e dalla fronte. Già nel cielo si spegnevano gli ultimi fuochi del crepuscolo, e tra la pace che scendeva su la campagna con le ombre della sera e la dolce frescura, avventavano i gesti di quell'uomo sempre infuriato.

— Don Lollò! Ah, don Lollòoo!

Quando venne su e vide lo scempio, parve volesse impazzire. Si scagliò prima contro quei tre; ne afferrò uno per la gola e lo impiccò al muro, gridando:

— Sangue della Madonna, me la pagherete!

Afferrato a sua volta dagli altri due, stravolti nelle facce terrigne e bestiali, rivolse contro se stesso la rabbia furibonda, sbatacchiò a terra il cappellaccio, si percosse le guance, pestando i piedi e sbraitando a modo di quelli che piangono un parente morto:

— La giara nuova! Quattr'onze di giara! Non incignata ancora!

Voleva sapere chi gliel'avesse rotta! Possibile che si fosse rotta da sé? Qualcuno per forza doveva averla rotta, per infamità o per invidia! Ma quando ma come? Non si vedeva segno di violenza. Che fosse arrivata rotta dalla fabbrica? Ma che! Sonava come una campana!

Appena i contadini videro che la prima furia gli era caduta, cominciarono a esortarlo a calmarsi. La giara si poteva sanare. Non era poi rotta malamente. Un pezzo solo. Un bravo conciab­rocche l'avrebbe rimessa su, nuova. C'era giusto Zi'Dima Licasi, che aveva scoperto un mastice miracoloso, di cui serbava gelosamente il segreto: un mastice che neanche il martello ci poteva, quando aveva fatto presa.

Ecco se don Lollò voleva, domani, alla punta dell'alba, Zi'Dima Licasi sarebbe venuto lì e, in quattro e quattr'otto, la giara, meglio di prima.

Don Lollo diceva di no, a quelle esortazioni: ch'era tutto inutile; che non c'era più rimedio; ma alla fine si lasciò persuadere, e il giorno appresso, all'alba puntuale, si presentò a Primosole Zi' Dima Licasi con la cesta degli attrezzi dietro le spalle.

Era un vecchio sbilenco, dalle giunture storpie e nodose, come un ceppo antico d'olivo saraceno. Per cavargli una parola di bocca ci voleva l'uncino. Mutria, o tristezza radicate in quel suo corpo deforme, o anche sconfidenza che nessuno potesse capire e apprezzare giustamente il suo merito d'inventore non ancora patentato. Voleva che parlassero i fatti, Zi'Dima Licasi. Doveva poi guardarsi davanti e dietro, perché non gli rubassero il segreto.

— Fatemi vedere, codesto mastice — gli disse per prima cosa don Lollò, dopo averlo squadrato a lungo, con diffidenza.

Zi' Dima negò col capo, pieno di dignità.

— All 'opera si vede.

— Ma verrà bene?

Zi'Dima posò a terra la cesta; ne cavò un grosso fazzoletto di

cotone rosso, logoro e tutto avvoltolato; prese a svolgerlo pian piano, tra l'attenzione e la curiosità di tutti, e quando alla fine venne fuori un paio d'occhiali col sellino e le stanghe rotti e legati con lo spago, lui sospirò e gli altri risero. Zi'Dima non se ne curò; si pulì le dita prima di pigliar gli occhiali, se li inforcò; poi si mise a esaminare con molta gravita la giara tratta su L'aia. Disse:

— Verrà bene.

— Col mastice solo però, — disse per patto lo Zirafa, — non mi fido. Ci voglio anche i punti.

— Me ne vado, — rispose senz'altro Zi'Dima, rizzandosi e rimettendosi la cesta dietro le spalle.

Don Lollo lo acchiappò per un braccio.

— Dove? Messere e porco, così trattate? Ma guarda un po'che arie da Carlomagno! Scannato miserabile e pezzo d'asino, ci devo metter olio, io, là dentro, e l'olio trasuda! Un miglio di spaccatura, col mastice solo? Ci voglio i punti. Mastice e punti. Comando io.

Zi'Dima chiuse gli occhi, strinse le labbra e scosse il capo. Tutti così! Gli era negato il piacere di fare un lavoro pulito filato coscienziosamente a regola d'arte, e di dare una prova della virtù dei suo mastice.

— Se la giara — disse — non suona di nuovo come una campana...

— Non sento niente! — lo interruppe don Lollo. — I punti! Pago mastice e punti. Quanto vi debbo dare?

— Se col mastice solo...

— Càzzica, che testa! — esclamò lo Zirafa. — Come parlo? V'ho detto che ci voglio i punti. C'intenderemo a lavoro finito: non ho tempo da perdere con voi.

E se n'andò a badare ai suoi uomini.

Zi'Dima si mise all'opera gonfio d'ira e di dispetto. E l'ira e il dispetto gli crebbero a ogni foro che praticava col trapano nella giara e nel lembo staccato per farvi passare il fil di ferro della cucitura. Accompagnava il frullo della saettela con grugniti a mano a mano più frequenti e più forti; e il viso gli diventava più verde dalla bile e gli occhi più aguzzi e accesi di stizza. Finita quella prima operazione, scagliò con rabbia il trapano nella cesta; applicò il lembo staccato alla giara per provare se i fori erano a eguai distanza e in corrispondenza tra loro, poi con le tanaglie fece del fil di ferro tanti pezzetti quant'erano i punti che doveva dare, e chiamò per aiuto uno dei contadini che abbacchiavano.

— Coraggio, Zi'Dima — gli disse quello, vedendogli la faccia alterata. Zi'Dima alzò la mano a un gesto rabbioso. Aprì la scatola di latta che conteneva il mastice e lo levò al cielo, scotendolo, come per offrirlo a Dio, visto che gli uomini non volevano riconoscerne la virtù: poi col dito cominciò a spalmarlo tutt'in giro al lembo staccato e lungo la spaccatura; prese le tanaglie e i pezzetti di fil di ferro preparati avanti, e si cacciò dentro la pancia aperta della giara, ordinando al contadino d'applicare il lembo alla giara, così come aveva fatto lui poc'anzi. Prima di cominciare a dare i punti:

— Tira! — disse dall'interno della giara al contadino. — Tira con tutta la tua forza! Vedi se si stacca più? Malanno a chi non ci crede! Picchia, picchia! Suona, sì o no, come una campana, anche con me qua dentro? Va' va', a dirlo al tuo padrone!

— Chi è sopra comanda, Zi'Dima, — sospirò il contadino, — e chi è sotto si danna! Date i punti, date i punti.

E Zi'Dima si mise a far passare ogni pezzette di fil di ferro attraverso i due fori accanto, l'uno di qua e l'altra di là dalla saldatura; e con le tanaglie ne attorceva i due capi. Ci volle un'ora a passarli tutti. I sudori, giù a fontana, dentro la giara. Lavorando, si lagnava della sua mala sorte. E il contadino, di fuori, a confortarlo.:

— Ora aiutami a uscirne, — disse alla fine Zi'Dima. Ma quanto larga di pancia, tanto quella giara era stretta di collo. Zi'Dima, nella rabbia, non ci aveva fatto caso. Ora, prova e riprova, non trovava più modo a uscirne. E il contadino, invece di dargli aiuto, eccolo là, si torceva dalle risa. Imprigionato, imprigionato lì, nella giara da lui stesso sanata, e che ora — non c'era via di mezzo — per farlo uscire, doveva esser rotta daccapo e per sempre.

Alle risa, alle grida, sopravvenne don Lollò.

Zi'Dima, dentro la giara, era come un gatto inferocito.

— Fatemi uscire! —urlava. Corpo di Dio, voglio uscire! Subito! Datemi aiuto!

Don Lollò rimase dapprima come stordito. Non sapeva crederci.

— Ma come? Là dentro? s'è cucito là dentro?

S'accostò alla giara e gridò al vecchio:

— Aiuto? E che aiuto posso darvi io? Vecchiaccio-stolido, ma come? non dovevate prender prima le misure? Su, provate: fuori un braccio... così! e la testa... su... no, piano!... Che! giù... aspettate! così no! giù giù... Ma come avete fatto? E la giara, adesso?... Calma! Calma! Calma! —si mise a raccomandare tutt'intorno, come se la calma stessero per perderla gli altri e non lui. — Mi fuma la testa. Calma! Questo è un caso nuovo... La mula!

Picchiò con le nocche delle dita su la giara. Sonava davvero come una campana.

— Bella! Rimessa a nuovo... Aspettate!— disse al prigio­niero. — Va' a sellarmi la mula! - ordinò al contadino e, grat­tandosi con tutte le dita la fronte, seguitò a dire tra sé: — Ma vedete un po' che mi capita! Questa non è giara! quest'è ordigno del diavolo! Fermo! fermo lì!

E accorse a regger la giara in cui Zi'Dima, furibondo, si dibatteva come una bestia in trappola.

— Caso nuovo, caro mio, che deve risolvere l'avvocato! Io non mi fido. La mula! la mula! Vado e torno, abbiate pazienza! Nell'interesse vostro... Intanto, piano! calma! Io mi guardo i miei. E prima di tutto, per salvare il mio diritto, faccio il mio dovere. Ecco: vi pago il lavoro, vi pago la giornata. Cinque lire! Vi bastano! — Non voglio nulla — gridò Zi'Dima. — Voglio uscire!

— Uscirete. Ma io, intanto, vi pago. Qua, cinque lire.

Le cavò dal taschino del panciotto e le buttò nella giara. Poi domandò, premuroso: — Avete fatto colazione? Pane e compana­tico, subito! Non ne volete? Buttatelo ai cani! A me basta che ve l'abbia dato. Ordinò che gli si desse; montò in sella, e via di galoppo per la città. Chi lo vide, credette che andasse a chiudersi da sé al manicomio, tanto e in così strano modo gesticolava.

Per fortuna non gli toccò di fare anticamera nello studio dell'avvocato; ma gli toccò d'attendere un bel po', prima che questo finisse di ridere, quando gli ebbe esposto il caso. Delle risa si stizzì.

— Che c'è da ridere, scusi? A vossignoria non brucia? La giara è mia!

Ma quello seguitava a ridere e voleva che gli rinarrasse il caso com'era stato, per farci su altre risate. Dentro, eh? S'era cucito dentro? E lui, don Lollò, che pretendeva? Te... tene... tenerlo là dentro... ah ah ah... chi chi chi... tenerlo là dentro per non perderci la giara?

— Ce la devo perdere? — domandò lo Zirafa con le pugna serrate. — II danno e lo scorno?

— Ma sapete come si chiama questo? — gli disse infine l'avvocato. Si chiama sequestro di persona!

— Sequestro? E chi l'ha sequestrato? — esclamò lo Zirafa. — S'è sequestrato lui da sé! Che colpa ne ho io?

L'avvocato allora gli spiegò che erano due casi. Da un canto, lui, don Lollo, doveva subito liberare il prigioniero per non rispondere di persona; dall'altro, il conciabrocche doveva rispondere del danno che veniva a cagionare con la sua imperizia o con la sua storditaggine.

— Ah! — rifiatò lo Zirafa. — Pagandomi la giara!

— Piano! — osservò l'avvocato. — Non come se fosse nuova, badiamo!

— E perché?

— Ma perché era rotta, oh bella.

— Rotta? Nossignore. Ora è sana. Meglio che sana, lo dice lui stesso! E se ora torno a romperla non potrò più farla rifare. Giara perduta, signor avvocato!

L'avvocato gli assicurò che se ne sarebbe tenuto conto facen­dogliela pagare per quanto valeva nello stato in cui era adesso.

— Anzi, — gli consigliò, — fatela stimare avanti da lui stesso.

— Bacio le mani, — disse don Lollò, — andando via di corsa.

Di ritorno, verso sera, trovò tutti i contadini in festa attorno alla giara abitata. Partecipava alla festa anche il cane di guardia saltando e abbaiando. Zi'Dima s'era calmato, non solo, ma aveva preso gusto anche lui alla sua bizzarra avventura e ne rideva con la gaiezza mala dei tristi.

Lo Zirafa scostò tutti e si sporse a guardare dentro la giara.

— Ah! Ci stai bene?

— Benone. Al fresco, — rispose quello. — Meglio che a casa mia.

— Piacere. Intanto ti avverto che questa giara mi costò quattr'onze, nuova. Quanto credi che possa costare adesso?

— Con me qua dentro? — domandò Zi'Dima.

I villani risero.

— Silenzio! — gridò lo Zirafa. — Delle due l'una: о il tuo mastice serve a qualche cosa, o non serve a nulla; sé non serve a nulla, tu sei un imbroglione: se serve a qualche cosa, la giara, così come è, deve avere il suo prezzo. Che prezzo? Stimala tu.

Zi'Dima rimase un pezzo a riflettere, poi disse:

— Rispondo. Se lei me l'avesse fatta conciare col mastice solo, com'io volevo, io, prima di tutto, non mi troverei qua dentro, e la giara avrebbe su per giù lo stesso prezzo di prima. Così sconciata con questi puntacci, che ho dovuto darle per forza di qua dentro, che prezzo potrà avere? Un terzo di quanto valeva, sì o no?

— Un terzo? — domandò lo Zirafa. — Un'onza e trentatré?

— Meno sì, più no.

— Ebbene, — disse don Lollò. — Passi la tua parola, e dammi

un'onza e trentatré.

— Che? — fece Zi'Dima, come se non avesse inteso.

— Rompo la giara per farti uscire, — rispose don Lollò, — e tu, dice l'avvocato, me la paghi p'er quanto!'hai stimata: un'onza e trentatré.

— Io, pagare? — sghignò Zi'Dima. — Vossignoria scherza. Qua dentro ci faccio i vermi.

E, tratta di tasca con qualche stento la pipetta intartarita, l'accese e si mise a fumare, cacciando il fumo per il collo della giara.

Don Lollò ci restò brutto. Quest'altro caso, che Zi'Dima ora non volesse più uscire dalla giara, né lui né l'avvocato lo avevano previsto! E come si risolverà adesso? Fu lì lì per ordinare di nuovo: — La mula! — ma si trattenne a tempo, riflettendo che era già sera.

— Ah sì? — disse. — Ti vuoi domiciliare nella mia giara? Testimoni tutti qua! Non vuole uscirne lui, per non pagarla; io sono pronto a romperla! Intanto, poiché vuole stare lì, domani io

lo cito per alloggio abusivo e perché mi impedisce l'uso della giara.

Zi'Dima cacciò prima fuori un'altra boccata di fumo, poi rispose placido:

— Nossignore. Non voglio impedirle niente, io. Sto forse qua per piacere? Mi faccia uscire, e me ne vado volentieri. Pagare... neanche per ischerzo, vossignoria!

Don Lollò, in un impeto di rabbia, alzò un piede per avventare un calcio alla giara; ma si trattenne; la abbrancò invece con ambo le mani e la scrollò tutta, fremendo.

— Vede che mastice? — gli disse Zi'Dima.

— Pezzo da galera! — ruggì allora lo Zirafa. — Chi l'ha fatto il male, io o tu? E devo pagarlo io? Muori di fame là dentro! Vedremo chi la vince!

E se n'andò, non pensando alle cinque lire che gli aveva buttate la mattina dentro la giara. Con esse per cominciare, Zi'Dima pensò di far festa quella sera insieme coi contadini che, avendo fatto tardi per quello strano accidente, rimanevano a passare la notte in campagna, all'aperto, su l'aia. Uno andò a far le spese in una taverna lì presso. A farlo apposta с'era una luna che pareva fosse raggiornato.

A una cert'ora don Lollò, andato a dormire, fu svegliato da un baccano d'inferno. S'affacciò a un balcone della cascina e vide sull'aia, sotto la luna, tanti diavoli: i contadini ubriachi che, presisi per mano, ballavano attorno alla giara. Zi'Dima, là dentro, cantava a squarciagola.

Questa volta non potè più reggere, don Lollò: si precipitò come un toro infuriato e, prima che quelli avessero tempo di pararlo con uno spintone mandò a rotolare la giara giù per la costa. Rotolando, accompagnata dalle risa degli ubriachi, la giara andò a spaccarsi contro un olivo. E la vinse Zi'Dima.

Adattato da L. Pirandello

ESERCIZI DI VOCABOLARIO

 

1. Imparate le parole e i nessi di parole:

a dispetto di qd назло кому-либо

alto a petto d'uomo в человеческий рост

neanche a dirlo нечего говорить, что

per ogni nonnulla из-за каждого пустяка

a furia di fare qc в силу того, что

a furia di gridare si fece sentire он кричал, и благодаря этому его услышали

trovare fondamento giuridico найти правовую основу

capire (capacità di) 200 litri вме­щать (вместимость) 200 литров

dare una spallata толкнуть плечом

scempio страшная картина; резня, истребление, уничтожение

veder lo scempio увидеть страш­ную картину

rimettere su починить, исправить

in coscienza по совести

serbare il segreto хранить секрет

alla punta dell'alba на рассвете, на заре

non cavare una parola di bocca a qd не мочь заставить кого-либо сказать слово (ср. из него слова не вытянуть)

attaccare lite con qd ссориться с кем-либо, затеять ссору с кем-либо

attaccarla con qd затеять ссору с кем-либо

levarsi di torno qd (sbarazzarsi di qd) избавиться от кого-либо

prendere in giro qd посмеяться над кем-либо

moneta ballante e sonante звон­кая монета

essere su tutte le furie быть вне себя от злости

fare pena a qd вызывать жалость у кого-либо

in maniche di camicia без пиджака

restar come un ceppo остолбенеть

(avere) arie di Carlomagno вооб­ражать (из себя)

in quattro e quattr'otto в одно мгновение

verde dalla bile зеленый от злости

non farci caso a qc не обращать внимания на что-либо

рапе e companatico хлеб и то, что едят с хлебом

fare anticamera ожидать в прием­ной

2. a ) Dopo aver consultato un dizionario italiano traducete in russo le frasi con la parola punto, sostituendola, dov'è possibile con un sinonimo:

1 Quando hai finito una frase, metti un punto fermo o un punto esclamativo e se è una domanda un punto interrogativo. 2. Hai riportato un buon punteggio agli esami? 3. Sei arrivato al punto giusto: stavo per partire. 4. Questo punto era una volta il centro della città. 5. Omettiamo questo punto, su tutto il resto siamo d'accordo. 6. Tu hai ragione su molti punti. 7. Mi son fatto male alla testa e il medico mi ha dato cinque punti. 8. Questa piazza sarà il punto di partenza del giro ciclistico. 9. Non mi piace punto il colore di quel tuo vestito grigio. 10. Non cucire con punti lunghi. 11. Non posso aspettare fino a domani perché parto oggi: qui sta Д punto. 12. Hai trovato il puntò giusto per farlo lavorare. 13. Quali sono i quattro punti cardinali? 14. Qui ci vuole il mastice e i punti. 15. Non sono punto stanco.

b) Traducete in italiano, adoperando la parola punto (sostantivo o negazione):

1. Я совсем не устал.2. Мой сын принес хорошие отметки. 3. Я не могу вам помочь, я сегодня занят, вот в чем дело (загвоздка). 4. Я бы купил эту материю, но мне совсем не нравится цвет. 5. Назначь место встречи. 6. Мы уже были в этом месте. 7. Отсюда начнется наша экскурсия по городу. 8. Вы пришли как раз вовремя, самолет вылетает через пять минут. 9. Я рассек себе губу, и врач наложил мне три шва. 10. Не шей широкими стежками. 11. Во многом я с вами согласен. 12. Здесь лучше поставить точку, чем точку с запятой.

3. a) Fate delle frasi con le seguenti locuzioni:

raccomandare i bimbi a qd, esser raccomandato a qd, raccomandarsi agli amici; raccomandarsi alle gambe, raccoman­dare una lettera, raccomandar a qd di far qc, raccomandare una persona a un'altra, raccomandare un libro, mi raccomando.

b) Traducete in russo:

1. Questo libro mi è molto caro, mi raccomando, non perderlo.

2. Perché avete raccomandato i vostri figli a quella donna?

3. Questo pacco contiene delle carte importanti e deve essere raccomandato. 4. Vi raccomando di non far entrare nessuno. 5. Mi raccomando, che questa sia l'ultima volta! 6. Vi raccomando questa giovane che vuoi essere assunta come segretaria. 7. Quel libro si raccomanda da sé. 8. Siccome non c'era altro da fare per scampare il pericolo si è raccomandato alle sue gambe. 9. Nella lettera si raccomandava di liberarlo da quella missione. 10. Mi raccomando, il biglietto non perderlo. 11. Ci raccomandò: «Non fate tardi».

c) Traducete in italiano, adoperando il verbo raccomandare, raccomandarsi:

1. Пожалуйста, посмотрите за ребенком. 2. Кто вас реко­мендует? 3. Пошлите это письмо заказным. 4. Этот фильм сам за себя говорит. 5. Я прошу вас, никуда не уходите. 6. Порекомендуйте мне, какие книги следует прочесть в первую очередь. 7. Я тебе советую подумать над этим серьезно.

4. a) Trovate una parola russa adeguata a gonfio nelle seguenti locuzioni, traducetele in russo:

gli occhi gonfi dal pianto, una mano gonfia, il cuore gonfio dai dispiaceri, una persona gonfia d'orgoglio, gonfio d'ira, uno stile gonfio, un pallone gonfiato, il fiume gonfio, andare a gonfie vele.

b) Traducete in russo le seguenti frasi:

1. Ha delle tasche gonfie di roba. 2. Che c'è, hai una gamba tutta gonfia. 3. Dopo quella disgrazia ha il cuore gonfio dal pianto. 4. Non mi piace quello scrittore, ha uno stile gonfio e buffo. 5. Bisogna gonfiare ancora le gomme della bicicletta, ora sono mezzo gonfie. 6. Dopo quelle forti piogge il torrente era gonfio. 7. Come sta Giorgio? Le sue cose vanno a gonfie vele. 8. La barca andava a gonfie vele. 9. Nina aveva gli occhi gonfi dal sonno. 10. Hai pianto? Lo si vede perché hai gli occhi gonfi.

c) Traducete in italiano, servendovi della parola gonfio:

1. Корабль шел на всех парусах. 2. Почему у тебя красные глаза? 3. От всех неприятностей у меня тяжело на сердце. 4. У него опухло лицо. 5. У него прекрасно идут дела. 6. У него карманы раздулись от денег. 7. Этот красный шар плохо надут. 8. Какой у него напыщенный стиль. 9. Он весь надулся от гордости. 10. Река вздулась от дождей.

5. a) Date una traduzione adeguata alla parola virtù nelle seguenti locuzioni, fate delle frasi:

educare i giovani alla virtù; praticare (esercitare) la virtù; la via della virtù; virtù morali, virtù civili, virtù militari; virtù umili, modeste, eroiche, eminenti; virtù attive; la virtù della modestia; la virtù della pazienza; la virtù dì tacere; una gran virtù; pieno di virtù; un modello dì virtù; perseguitare la virtù; onorare la virtù; per virtù magica; in virtù della legge; la virtù percettiva, imma­ginativa; le virtù medicinali delle erbe; perdere ogni virtù

b) Traducete in italiano, servendovi della parola virtù:

1. У этого актера большое воображение. 2. Он обладал удивительной скромностью. 3. Это воплощенное терпение. 4. Каковы лечебные свойства этих трав? 5. Он обладает удивительным свойством всегда быть веселым и жизне­радостным. 6. У него очень много положительных качеств. 7. Вы поступили в соответствии с законом. 8. Добродетель должна быть вознаграждена. 9. Ваше поведение противо­речит элементарным правилам. 10. Сила примера имеет большое значение. 11. Эта книга обладает большими худо­жественными достоинствами.

6. Parafrasate ciascuna delle seguenti locuzioni e traducetele in russo:

fare quattro chiacchiere; in quattro e quattr'otto; parlare a quattrocchi; evidente come due e due fanno quattro; fare due passi; pare mili'anni; mandare mille auguri; farsi di mille colori; dividersi in due; lavorar per due; dir le cose cento volte; cose da mille e una notte; farsi in quattro; portare il cappello sulle ventitré; portare al settimo cielo; fare il diavolo a quattro; non c'era nessuno: eravamo quattro gatti.

7. a) Parafrasate le seguenti locuzioni, mettetele nelle frasi:

attaccarla con qd; passarla liscia; pensarla da furbo; dire la sua; pagarla cara; avercela con qd; godersela; pensarla bella; scamparla; legarsela al dito, scontarla; cavarsela; darla a bere, saperla lunga; darne una calda e una fredda; darsela a gambe.

b) Mettete le locuzioni dell' esercizo precedente al passato prossimo.

8. Traducete in italiano, servendovi di una delle locuzioni dell'esercizio precedente:

1. Он всегда заводит ссоры с товарищами. 2. Не знаю, как он ко мне относится, то хвалит, то ругает. 3. Если ты и в этот раз меня обманешь, я тебе этого не прощу. 4. Oн еще попла- тится за свои слова. 5. Я так устал, хочу отдохнуть и раз­влечься немного. 6. Я неплохо это придумал, не правда ли? 7. Задача была трудной, но он с ней справился. 8. Испугав­шись, он убежал со всех ног. 9. Это ему так не пройдет. 10. Я не думаю, что с ним легко будет справиться.

9. a) Fate il ritratto morale di una persona, servendovi degli aggettivi che fanno al vostro caso.

b) Mettete un sostantivo adatto accanto ad ogni aggettivo:

intelligente, spiritoso, saggio, ragionevole, stupido, ottuso, melenso, idiota, folle, matto, insensato;

libero, spontaneo, necessario, fatale;

deciso, tenace, ostinato, risoluto, decisivo;

attivo, vivo, vivace; pronto, ardito, noncurante, trascurato, inattivo, fiacco;

cosciente, laborioso, sensibile, percettibile, sentimentale, romantico;

entusiasta, appassionato, impaziente; inquieto, agitato, violento, impetuoso, calmo, tranquillo, quieto, pacifico, sereno, dolce, mite, rassegnato, stoico;

imprudente, imprevedibile, indiscreto, disattento;

attento, discreto, riservato;

avido, cupido, avaro, vorace, rapace, ambizioso, invidioso, geloso.

10. Fate delle frasi, accoppiando: a) i sostantivi e gli aggettivi; b) i verbi e gli avverbi; traducete le vostre frasi in russo:

resistenza (accanita, estrema, persistente); progresso (buono, reale, sensibile, serio, grande); ordine (irrefutabile, perentorio, irrevocabile); fondamento (giuridico, solido); occhi (castani, celesti, lupigni); barba (lunga, prepotente, grigia, rasa); contadino (spaurito, impaurito, timido, intimidito); una notte (fresca, dolce, oscura, crepuscolare); pace (duratura, solida, coerente, ininter-rotta, eterna); uomo (deforme, pettoruto, altero, pusillanime, forte, pio); segreto (misterioso, custodito, grave); gesto (rabbioso, benevolo, familiare, brusco).

giurare (categoricamente, gravemente, solennemente); andar via (subito, immediatamente, zitto zitto, mogio mogio); opporsi (energicamente, forte, con tenacia); squadrare (a lungo, con diffidenza, di buon occhio, sottecchi); venir fuori (subito, a malapena, a stento); esaminare; (attento, con gravita, distratto); mettersi ali'opera (contento, sgomento, scontento, gonfio d'ira).

ESERCIZI DI GRAMMATICA

 

1. Fafe l'analisi dell'ordine delle parole sulla prima pagina del racconto, trascrivendo o sottolineando le frasi in cui il soggetto è posposto al predicato, o i complementi circostanziali di modo, di causa, ecc. precedono il predicato.

2. Trascrìvete dal testo le frasi in cui l'infinito è predicato di una indipendente. Sostituitelo con una forma personale. Rilevate il suo valore stilistico.

3. Traducete in italiano:

1. Дзирафа, на земле которого было немало оливковых деревьев, понимал, что пяти сосудов, которые стояли у него в подвале, не хватит для масла нового урожая.

2. Новый сосуд был большой, в рост человека; в него входило 200 литров масла, и Дзирафа заплатил за него 60 лир наличными.

3. С кем только не ссорился Дзирафа!

4. Рассказывают, что адвокат г-на Дзирафа, чтобы изба­виться от него, подарил ему книгу, в которой были собра­ны все законы.

5. Дзирафа из себя выходил, не зная, как одному за всем усмотреть, то он грозился, что убьет всех, если у него не хватит хоть одной маслины — точно он их все на дере­вьях пересчитал, — то проверял, не украл ли кто навоз с его полей.

6. Крестьяне, спустившись в подвал, вдруг точно окаменели при виде нового сосуда, расколотого пополам.

7. «Вы с ума сошли», — сказал один из крестьян, «никуда не уходите, ведь Дзирафа может сказать, что это мы разбили сосуд».

8. Наверное, кто-нибудь из зависти или просто назло разбил новый сосуд, решил Дзирафа, не мог же он сам расколоться!

9. Крестьяне предложили Дзирафе позвать мастера, кото­рый починит сосуд. Он может прийти прямо с утра, и в одну минуту сосуд будет как новенький.

10. Пришел мастер, это был сгорбленный старик и такой молчаливый, что у него слова изо рта клещами не выта-щишь.

11. «Подумаешь, важная персона, — кричал Дзирафа, — я хозяин, твое дело подчиняться».

12. Мастер позеленел от злости, но делать было нечего, и он принялся за работу.

4. Sottolineate le repliche in cui il verbo è al congiuntivo. Che tempo si usa quando si tratta di parole dell'autore?

5. Traducete in italiano, badando all'uso degli articoli, dei modi e dei tempi:

1. Предвидя, что у меня не хватит времени сделать все, что я обещал, я заранее договорился с друзьями, чтобы они на меня не обижались, если я опоздаю.

2. И с кем только ты не ссорился; мне кажется, нет человека, с которым бы у тебя сохранились хорошие отношения.

3. Право же, тебе сказали это, чтобы отвязаться от тебя, ты всем уже надоел со своими постоянными угрозами подать на кого-то в суд.

4. Он работал в двух местах, и ему приходилось очень трудно. Он буквально разрывался и не знал, что же ему делать сначала, а что — потом.

5. Он был вне себя от гнева, топал ногами, бил себя по щекам и ругался.

6. Если бы вы захотели, все можно было бы исправить в мгновение ока.

7. Он не хотел, чтобы ему верили на слово, а решил доказать свою правоту на деле.

8.И тебе не стыдно так со мной обращаться?! Скажите, пожалуйста, какой герой!

9. Полный гнева и огорчения он принялся за работу.

10. Он стоял с перекошенным лицом, глаза его сверкали, и он готов был броситься на хозяина.

11. Пот лил с него градом, но он не обращал внимания, продолжая работать и стараясь закончить работу побыстрее.

12.К счастью, мне не пришлось долго ждать в приемной. Директор вышел ко мне навстречу, и мы тут же обо всем договорились.

13. Ему даже самому стало смешно, когда он понял, в какое положение попал.

14. «Ты мне еще за это заплатишь», — грозил он кому-то, дрожа от ярости.

15. «Мы еще прсмотрим, чья возьмет», — сказал он и отпра­вился к адвокату.

16. Была лунная ночь, и мы заночевали под открытым небом, в лесу.

6. a) Mettete in rilievo il soggetto, il complemento, il predicato, usando i costrutti:

essere... che non fare che

1. Don Lollò litigava con tutti.

2.I contadini parlavano di Don Lollò.

3. Don Lollò faceva ridere i contadini.

4. Questa volta egli doveva fare anticamera.

5. Noi aspettavamo loro.

b) Traducete in italiano:

1.Им бы только смеяться.

2. Нам бы только работать.

З. Вам бы только спать.

4. Только он и сумеет выполнить эту работу.

5. Ему и надо это сказать.

6. Только с ними и можно поговорить.

7. Из-за них я и здесь.

8. К ним он и пришел.

9. Они только и думали, "как бы уйти.

10. Они только и умели, что читать да писать.

TEMI ORALI E SCRITTI

1. Perché don Lollò Zirafa s'era mezzo rovinato?

2. A che scopo Ziraf a s'era comprato una giara nuova?

3. Come reagì Zirafa alla notizia che la giara si era rotta?

4.Chi era Zi'Dima Licasi?

5. Come andò il lavoro di Zi'Dima?

6. Che cosa decise di fare il padrone quando vide che Zi'Dima non poteva uscire dalla giara?

7. Che consiglio diede l'avvocato a Don Lollò per risolvere la causa della giara?

8. Riassume te la conversazione tra Zi'Dima e Don Lollò.

9. Che cosa decise di fare Don Lollò quando Zi'Dima rifiutò di pagare la giara dicendosi pronto a rimanervi anche per sempre?

10. Chi vinse la causa?

ESERCIZI DI CONVERSAZIONE

 



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